stART: in viaggio nell’infinito e oltre con un suono decisamente rock
INTERVISTA FSM
Ecco la band veronese che dal cuore del duo formato da Andrea Vettore (voce) e Riccardo Fazion (tastiere), poi si completa con un organico a firma di Jonathan Gasparini alle chitarre, Giorgio Velotti alle chitarre, Michele Tellaroli al basso, Pietro Micheletti alla batteria. Sono gli stART e questo è il loro primo disco dal titolo “Frequencies from nowhere”: l’universo, l’assenza di materia e di contaminazione, l’immagine che mi arriva da questo rock di matrice classica, epica e solenne è quella di una introspezione dentro cui solo il silenzio ha una vera ragione di esistenza. Nel silenzio, ritrovarsi…
“Break Me Down” sembra mettere in discussione l’ignoto della morte e ciò che viene dopo. Qual è il messaggio che volete trasmettere attraverso questa riflessione esistenziale?
“Break Me Down” è una sorta di dialogo con l’ignoto. Il protagonista è disperso nello spazio e cerca disperatamente risposte su cosa ci sia dopo la morte, quasi come se stesse implorando una presenza superiore di rivelargli il segreto che tutti vorrebbero conoscere. Il cuore della canzone è proprio questa domanda universale: cosa c’è dopo la morte? Siamo solo energia che si dissolve nell’universo o c’è qualcosa di più? Non vogliamo dare una risposta definitiva, perché ovviamente nessuno la conosce, ma esploriamo quella sensazione di smarrimento, di ansia e di speranza che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita. È una riflessione aperta, dove ognuno può trovare la propria interpretazione, in base alla propria esperienza e al proprio rapporto con il mistero dell’esistenza.
Il rock epico degli anni ’90 è spesso associato a storie di resilienza e superamento. Quanto è stato naturale per voi accostare queste tematiche al suono e alla scrittura del disco?
Per noi è stato assolutamente naturale, perché è il nostro linguaggio musicale più autentico. Il rock degli anni ’90 aveva una capacità unica di raccontare il dolore, la lotta interiore e la voglia di rinascita senza troppi filtri. Era un rock che sapeva essere epico, potente, ma anche estremamente umano. Frequencies From Nowhere segue questa stessa attitudine. È un concept album che attraversa momenti di oscurità, solitudine e crisi, ma che trova anche la forza di risalire e guardare avanti. It’s time to start again. Abbiamo cercato di farlo con un sound che mescola grandi riff, melodie potenti, avvicinandoci alle sonorità dei dischi con cui siamo cresciuti.
Delicatissima “Binari della Follia”: serviva il “lentone” del disco come si usava proprio negli anni ’90. Perché questo brano e perché in questo modo?
Negli anni ’90 ogni album rock aveva il suo momento più intimo e riflessivo, quella canzone fuori dagli schemi, che fermava il tempo e ti lasciava immergere completamente nelle emozioni. Con Binari della Follia abbiamo cercato di fare proprio questo. È una pausa nel viaggio, un momento in cui il protagonista si ferma e riflette sulla sua direzione. Il treno è una metafora del tempo che scorre, della vita che non si ferma mai, e la canzone esprime il desiderio di fermarlo, di trovare un senso prima che tutto sfugga via.
A rendere questo brano ancora più speciale è stato l’arrangiamento magistrale di Giovanni Zardini, musicista veronese con una tecnica incredibile e una versatilità fuori dal comune. Giovanni ha dato un’impronta acustica unica al pezzo, che ha reso la canzone ancora più evocativa. Nel disco Binari, è stata registrata con chitarre classiche e acustiche, un dettaglio che dona un sound particolare, sospeso tra intimità e solennità. L’idea era quella di creare un’atmosfera rarefatta, quasi senza tempo, che amplificasse il senso di viaggio e introspezione del brano.
Quanto siamo causa ed effetto della nostra stessa solitudine? Domanda
riflessiva ma che penso sia uno dei centri del disco… È una domanda fondamentale e il disco, in un certo senso, ruota attorno a questa riflessione. La solitudine non è solo qualcosa che subiamo, ma anche qualcosa che creiamo. A volte ci isola la vita, altre volte siamo noi stessi a costruire barriere. Il protagonista del nostro album passa attraverso questa consapevolezza: inizialmente si sente perso, abbandonato, poi capisce che il suo isolamento è anche frutto delle sue scelte, del suo modo di affrontare il dolore. Ma arriva un momento in cui tutto questo diventa uno spazio di crescita, un’occasione per guardarsi dentro e rinascere. È un viaggio che tutti, prima o poi, facciamo.
Che poi voi usate la parola resilienza… perché non resistenza?
Perché la resilienza è qualcosa di più profondo. Resistere significa opporsi, lottare contro qualcosa. La resilienza, invece, è la capacità di trasformarsi, di adattarsi senza spezzarsi. Il protagonista di Frequencies From Nowhere non si limita a resistere alle avversità, le attraversa, le comprende, e alla fine ne esce cambiato, più forte. È un concetto più vicino alla nostra visione della vita e della musica, non è solo un discorso di forza, ma anche di evoluzione.
Dunque gli stArt: un rock antico o un rock moderno? In qualche posto del tempo vorreste stare ora?
Gli stArt sono gli stArt. Siamo figli del rock classico e di quello degli anni ’90, ma non vogliamo essere una band nostalgica. Il nostro obiettivo è portare quel sound, quelle emozioni, in un contesto moderno. Abbiamo assorbito le influenze di band come Europe, Bon Jovi, Guns N’ Roses, Skid Row, Mötley Crüe, e le abbiamo rielaborate con suoni e arrangiamenti attuali. Riccardo ha sempre avuto un amore viscerale per gli Europe, per il loro modo di costruire melodie epiche e potenti, e si è ispirato a quel sound cercando di dargli una veste nuova con synth e riff moderni. Io, invece, ho sempre amato il lato più teatrale e melodico di band come Bon Jovi, Journey, Aerosmith, e volevo che quell’anima fosse presente nel nostro sound, specialmente nei cori e nelle linee vocali. Comunque per rispondertti. Se potessimo scegliere un momento del tempo in cui stare, probabilmente sarebbe un’epoca sospesa tra passato e futuro, tra gli anni d’oro del rock e qualcosa di nuovo e ancora inesplorato. In fondo, il nostro Frequencies From Nowhere è esattamente questo: un viaggio tra il conosciuto e l’ignoto, tra nostalgia e innovazione.
