HELLE: il senso della colpa, un disco di 9 racconti
INTERVISTA FSM
Si intitola “La Colpa” il nuovo disco di Lisa Brunetti in arte Helle, disco che ormai è fuori da diverso tempo ma che trovo sempre attuale e sempre portavoce di un messaggio di rinascita che bisogna tener stretti in questo tempo che viviamo. Il mutuo rapportarsi, l’amore ma anche la tossicità di non sapersi considerare completi. È forse questo un punto chiave che si dipana dentro un suono di sintesi, acustico e poco diretto al futuro tecnologico. È forse, questo tornare alla radice ha un po’ il valore di tornare alla libertà, altra parola chiave per questo tempo nuovo di Helle. È una storia narrata per canzoni…
Ma alla fine siamo liberi davvero? Oppure siamo in pace soltanto se chiusi dentro recinti di regole (come ci insegna Wilhelm Reich nel suo saggio “Ascolta piccolo uomo”)?
Se il recinto di regole non ti soffoca, in un certo senso sei libero. Tuttavia, si dovrebbe avere il coraggio di valutare quando le recinzioni siano effettivamente giuste o meno, ma questa non è una scelta che vogliono compiere in tanti.
Avere colpa è un’ancora di senso nella vita che abbiamo? Come a dire: se abbiamo colpe significa che abbiamo avuto importanza per qualcosa o qualcuno… sempre concetti che mi lascia ispirare la società di oggi…
Ti risponderei che l’uomo debba liberarsi dal senso di colpa, che la religione assolva anche questo compito, ma in realtà io credo che il senso di colpa ci renda tutti un pelo più umani. E’ orribile, tuttavia, quando il senso di colpa diventa per noi una malattia: quando ci perseguita sin dalle più sciocche azioni che commettiamo, diventando quasi una “patologia”, o ancora peggio, quando qualcuno lo utilizza per manipolarci. Non penso ci sia azione più crudele di questa.
Perché c’è così poca luce nell’estetica del disco? Dalla copertina alle foto promozionali?
La storia narrata parte nel crepuscolo e finisce nell’ombra. Parla del percorso emotivo di una donna che ha perso la retta via, o meglio dire, che la sta cercando. Alla fine la trova negando a se stessa un certo tipo di vizio, ma realizza d’essere imprigionata nelle regole, sue e del mondo in cui vive, rimanendo inevitabilmente a fronteggiare da sola il destino della fine. Il verso “è colpa mia o colpa tua, popolo dell’ordine?”, fa riferimento proprio a questo.
